Sarno, 5 Maggio 1998: una ferita ancora aperta.

Nella giornata del 5 maggio 1998, Sarno (SA) ed i comuni limitrofi furono colpiti da una serie di devastanti colate rapide di fango, che causarono una tragedia senza precedenti in Italia. Questo evento segnò profondamente la comunità locale e l’intero paese, mettendo in luce le gravi problematiche legate al rischio idrogeologico del territorio. Ma approfondiamo gli accadimenti cercando di ricostruire la storia in dettaglio, partendo dalla descrizione delle cause sino a giungere alla situazione ai giorni nostri.

Il Rischio Idrogeologico a Sarno

Il rischio idrogeologico è una delle principali minacce che affliggono le aree montane e collinari italiane, e Sarno è uno dei casi più emblematici. La straordinaria e distruttiva combinazione di elementi che ha portato giù i materiali piroclastici da copertura dei Monti di Sarno, ha trasformato l’accadimento in un unicum scientifico. Le condizioni geologiche del territorio, caratterizzato da materiali vulcanici poco coesi, messi in posto dalle eruzioni degli adiacenti apparati vulcanici campani, su versanti molto inclinati, rendono l’area particolarmente suscettibile a frane e colate rapide.

La conoscenza ufficiale circa la pericolosità idrogeologica del territorio comunale di Sarno pregressa al 5 Maggio 1998 era contenuta “unicamente” nel Piano di Protezione Civile Comunale e negli elaborati geologici redatti per il Programma di Fabbricazione. Il piano era stato redatto senza una preventiva indagine idrogeologica, era sprovvisto di informazioni riguardanti le “colate rapide di fango” che erano sconosciute come fenomenologia idrogeologica a Sarno. Erano previsti unicamente i crolli di massi dai versanti rocciosi, fenomeni alluvionali quali scorrimento di acqua e detriti con accumulo di materiale di spessore decimetrico, fenomeni che spesso si verificavano in occasione di eventi piovosi prolungati. Il piano non era dunque corredato da una cartografia tecnica in scala dettagliata, nella quale individuare le aree abitate potenzialmente esposte a detti pericoli idrogeologici.

Sarno, prima del 5 Maggio 1998, non era ritenuta area a rischio da colate rapide di fango. Nessun fenomeno di colata rapida è cartografato nell’immagine precedente a testimonianza che non si erano mai verificati fenomeni simili a quelli che si attivarono il 5 maggio 1998.

Le Dinamiche della Tragedia

Le colate rapide di fango che colpirono Sarno e i comuni limitrofi furono il risultato di una combinazione di fattori naturali ed antropici. Le piogge che saturarono i terreni già fragili, innescarono frane di materiali piroclastici vulcanici presenti sui versanti montuosi. Questi terreni, composti da ceneri vulcaniche, lapilli e pomici, sono noti per la loro instabilità in condizioni di saturazione.

Le colate si svilupparono lungo i pendii, raggiungendo velocità elevate e trascinando con sé alberi, rocce e detriti. Le caratteristiche geologiche della zona, unite alla deforestazione ed alla costruzione di edifici in aree a rischio, contribuirono a creare lo scenario di disastro che si verificò.

Evento piovoso straordinario? Non è andata così…

Tra la notte del 4 e 5 maggio 1998 si verificarono degli eventi temporaleschi che vennero additati quali causa scatenante di una serie di colate di fango rapide che si riversarono sui centri abitati di Sarno, Episcopio, Quindici, Siano e Bracigliano. Le colate rapide di fango sono fenomeni catastrofici che possono avere sede in più contesti geomorfologici con fattori d’innesco quali piogge, eventi sismici, azioni antropiche (disboscamento e uso del suolo non sostenibile); sono terreni saturi che letteralmente passano da un comportamento tipico di un solido a quello di un fluido, scivolando dal versante in funzione delle pendenze.

Risulta chiaro quindi che il motore primo di questi fenomeni di dissesto idrogeologico sono gli eventi temporaleschi. Molte fonti che trattano l’argomento sul web parlano spesso di eventi meteorici importanti, di evidenti e catastrofiche piogge torrenziali da cui il fenomeno di colata è scaturito. Tutto ciò non è propriamente vero.

Infatti, le piogge che si sono verificate il 5 maggio 1998 non furono eccezionali al punto da essere percepite come straordinarie e pericolose. Un evento piovoso eccezionale, viene nettamente percepito dalla popolazione per la sua particolare insistenza e quantità di acqua meteorica che, visibilmente, comincia a ruscellare sulla superficie del suolo, creando talvolta disagi per viabilità e quant’altro. E non è quanto avvenne in quelle ore. Ma quindi… come è andata?

Analizziamo i dati

I dati a disposizione prima degli eventi del 5 maggio ’98 sono quelli relativi all’unico pluviometro funzionante in località Foce, poco ad ovest di Episcopio, località che rappresenta la parte occidentale dell’abitato di Sarno che fu direttamente interessata dai fenomeni di colata.

L’istogramma schematizza le piogge del 4 e 5 maggio ’98 registrate a località Foce di Sarno. Trattasi di un evento importante ma certamente non eccezionale visto che, tra le 16:00 e le 24:00 precipitarono solo 11.8 mm di pioggia in totale. Questo conferma quindi l’assenza di segnali premonitori di fenomeni idrogeologici estremi che avrebbero spazzato via interi fabbricati (come ad esempio l’Ospedale Villa Malta). Volendo fare un paragone con un reale evento piovoso straordinario, confrontiamo le piogge di Sarno con il fenomeno meteorico del 4 novembre 2011 di Genova. Detto episodio di dissesto idrogeologico ha originato una disastrosa onda di piena e 6 vittime, dopo aver registrato la caduta al suolo di circa 450 mm di acqua in cinque ore, con una punta di 181 mm in un’ora.

Ricostruiamo gli eventi

Lungo il versante incombente solo sul Comune di Sarno e nelle frazioni di Episcopio e Lavorate, si sono verificate numerose colate di fango in circa 8 ore, tra le 16.15 e le 23.50 del 5 maggio 1998. Esse hanno causato 137 vittime e l’invasione di un’area di circa 159 ettari, il 40% della quale occupata da insediamenti abitativi e da infrastrutture di trasporto. Si parla quindi della messa in movimento di un volume complessivo stimato in oltre 1 milione di metri cubi. Gli inneschi si sono manifestati su versanti con inclinazioni comprese tra i 30° e 50° (con massimi fra 41° e 45°). In totale, tra le giornate del 5 e 6 Maggio ’98 hanno perso la vita 161 persone.

Le Ore Del Terrore

I movimenti franosi da colate che il 5 maggio 1998 hanno investito Sarno ed Episcopio sono stati studiati dallo “Studio SANFELICE” per motivi accademici. Questo paragrafo esegue un focus e si concentra sugli accadimenti nelle zone più colpite dove, delle 161 vittime totali, ben 137 persone hanno perso la vita. La ricostruzione viene realizzata su base CTR (Carta Tecnica Regionale), identificando i confini e le aree invase dalle colate di fango. I dati che seguono e le ricostruzioni storiche derivano da articolate ricostruzioni raccolte dalle testimonianze delle persone del luogo, sono oggetto di approfondite ricerche bibliografiche da fonti scientifiche e sono il frutto di esperienze dirette vissute.

ORE 16:15 – I colata TRAVE

È il primo evento documentato per la zona di Sarno ed Episcopio. Il cumulo della colata è denso ed interrompe il transito tra Viale Margherita e Via Duomo. Viene rimosso successivamente con pale meccaniche per riconsentire la viabilità del tratto di strada interessato. Dal momento che le precipitazioni andavano diminuendo non c’era il motivo di ritenere che detti fenomeni idrogeologici potessero aggravarsi.

ORE 16:35 – I colata TUORO

La colata ostruisce il ponticello su Via Duomo, causando l’esondazione del canale sulla sinistra idraulica verso Via Parallela Duomo. Parte della piazza si riempie di fango e detriti, isolando Via Francesco Milone da Piazza Duomo e da Via Cortadonica.

ORE 17:30 – I colata CURTI

La colata invade la frazione di Curti, distrugge due fabbricati e danneggia le strutture circostanti. Muore il piccolo Serafino, la prima vittima di, purtroppo, una lunga serie. La frazione di Curti resta isolata e non è più raggiungibile da via Calabrici, Cortadonica, Curti, Milone e Piazza Duomo.

ORE 17:30 – II colata TUORO

Via parallela Duomo e Via Casamonica non sono più transitabili perché invase da fango e detriti. La viabilità di queste aree viene messa seriamente in difficoltà.

ORE 18:00 – II colata CORTEDONICA

Via Cortadonica viene parzialmente interessata dai detriti. La zona non è transitabile a causa dei detriti e del fango.

ORE 18:21 – I colata CANTARIELLO

Il fango invade Via Calcare, parte di Via San Giovanni e Viale Margherita, limitando l’accesso ai soli mezzi fuoristrada. Le colate iniziano a prendere il sopravvento sulle arterie stradali, che vengono quindi chiuse al traffico.

ORE 19:00 – II colata CANTARIELLO

Un nuovo evento proveniente dai Valloni Cantariello-Licinatonda determina l’invasione da parte dei detriti e dal fango, lungo le strade di Via Calcare, parte di Via San Giovanni e Viale Margherita. Le persone ed i veicoli restano coinvolti. Le strade da questo momento non sono transitabili anche per i fuoristrada. Il quadro inizia ad aggravarsi per davvero e la paura è tanta.

ORE 19:30 – colata MARE

La colata è del tipo mono-sorgente (tipo “Pozzano” o “Palma Campania”), è caratterizzata da un unico impulso; è pertanto a bassa magnitudo e scarso potere distruttivo. La frana interrompe la strada di Via Tuostolo nel tratto che corre a monte degli scavi archeologici.

ORE 19:50 – I colata TUOSTOLO

Il fango ed i detriti invadono il tratto di strada già interessato dalla colata del vallone Cortadonica, rendendo ancor più impraticabile e non transitabile il tratto di strada compreso tra Via Calabrici, Via Milone e Via Le Noci. Le ultime due strade menzionate restano completamente isolate.

ORE 20:03 – III colata CANTARIELLO

Il nuovo terzo impulso di colata è più fluido dei precedenti ed ha maggiore velocità. Invade con maggiore energia, trasporta materiale detritico-fangoso misto a tronchi di albero. Invade tutta viale Margherita fino all’incrocio con Via Abignente, Via Sodano e Via Sarno Palma. Il fango interessa anche l’incrocio con Via Pedagnali, bloccando l’accesso da Viale Margherita a causa dei detriti. L’impatto emotivo è violento.

ORE 20:34 – IV colata CANTARIELLO

La quarta colata ha maggiore fluidità e velocità della precedente. Per i volumi di materiale franato si può immaginare a più distacchi di versante che a valle si incanalano nel vallone Cantariello passando per la Cava di calcare, invadendo le sottostanti aree di Via San Giovanni, Via Calcare, Viale Margherita, Via Abignente, Via Sodano e parte di Via Pedagnali. Tutte queste strade non risultano più transitabili. L’accesso all’ospedale Villa Malta, lato viale Margherita, è impraticabile.

ORE 21:18 – V colata CANTARIELLO

Impulso e scenario finale dal vallone Cantariello. Il cumulo di frana è rappresentato da fango, alberi anche di grande diametro, grossi blocchi di calcare (anche di 5-10 metri cubi). I terreni sono completamente saturi di acqua e quindi dotati di alta fluidità ed elevata velocità; l’energia di impatto è elevata. Le colate invadono in modo distruttivo le aree di fondovalle, estendendosi per oltre 3 km a partire dalle aree di innesco delle frane. La frazione di Episcopio, lato Viale Margherita, Via San Giovanni, resta isolata e non è più raggiungibile. La popolazione locale prova a mettersi in salvo raggiungendo i piani alti delle proprie abitazioni o di quelle adiacenti. Il caos ed il terrore regnano sovrani.

ORE 21:54 – III colata TUORO

Il terzo impulso è causato almeno dall’innesco simultaneo di tre-quattro distacchi, incanalati e di versante, ubicati in area di Bacino sommitale. La colata ha dissipato parte della sua energia nel lungo e incassato vallone, ma il volume della frana, costituito da alberi, fango, detriti calcarei e blocchi, ha invaso una vasta area di fondovalle. Sono interessate le strade di Via F. Milone, parte di Via Duomo, Via parallela Duomo, Via Casamonica fino all’intersezione con l’incrocio di Via Sarno Palma.

ORE 22:15 – II colata TRAVE

La colata interessa il valloncello appena accennato in destra idraulica del vallone Tuoro. La colata, proveniente dal vallone Orrico, invade la strada di raccordo tra Viale Margherita e Via Duomo, fino a Via Francesco Paolo Pace. Le strade non sono più transitabili.

ORE 23:50 – II colata CORTADONICA, II colata TUOSTOLO, III colata TRAVE

Lo scenario finale ci mostra chiaramente che le frane hanno avuto tutte un carattere distruttivo perché rappresentano l’evoluzione di processi di colate precedenti, in grado di mutare la geometria dei valloni pedemontani. Questo ha condizionato le traiettorie delle colate a seguire e quindi, di volta in volta, il loro “scenario di evento” inteso come direzione di propagazione, energia, fluidità, velocità e potere distruttivo.

Le Conseguenze della Tragedia sulla Comunità

La tragedia del 5 maggio 1998 ha avuto un impatto devastante non solo dal punto di vista umano, ma anche economico e sociale. Oltre alla perdita di vite umane, la comunità di Sarno ha dovuto affrontare la distruzione di interi quartieri, la perdita di infrastrutture essenziali e l’esodo forzato di centinaia di famiglie. Le conseguenze psicologiche sono state altrettanto gravi. Molti sopravvissuti hanno riportato traumi profondi, ed il ricordo di quella notte tragica è ancora vivo nella memoria collettiva. La necessità di una ricostruzione non fu solo materiale, ma anche morale, per ridare speranza e sicurezza alla popolazione.

Cambiamenti Normativi e Iniziative Post 5 Maggio 1998

Dopo la devastante tragedia di Sarno del 5 maggio 1998, l’Italia ha assistito a un’accelerazione delle attività legislative e normative per mitigare i rischi idrogeologici. Le colate rapide di fango hanno evidenziato la necessità di un cambiamento strutturale nell’approccio alla gestione del rischio. Il Dipartimento della Protezione Civile ha attivato il Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche presso l’Università di Salerno. Questo gruppo ha subito avviato interventi urgenti per mitigare il rischio, inclusa la redazione di una “Carta Preliminare del Rischio Residuo” per le aree colpite.

La Legge Sarno ed i Presidi Territoriali

La tragedia ha portato all’istituzione della Legge Sarno che ha introdotto nuovi strumenti per la gestione del rischio idrogeologico. Questa legge ha permesso la perimetrazione delle aree a rischio residuo, all’interno delle quali sono stati stabiliti piani di evacuazione ed altre misure di protezione. Il Dipartimento della Protezione Civile ha implementato un sistema di monitoraggio con pluviometri in telemisura, installati sui Monti di Sarno. Nascono, inoltre, i Presidi Territoriali composti da geologi ed ingegneri: costituiscono l’attività di monitoraggio visivo e di controllo in sito di fondamentale importanza nelle fasi di allertamento, attenzione, preallarme e allarme, oltre che nella gestione delle fasi emergenziali e post – emergenziali, in ordine ai principali fenomeni di rischio idrogeologico.

Piano Interprovinciale di Emergenza

In risposta alla tragedia, il Piano Interprovinciale di Emergenza – rischio colate di fango è stato attivato per la prima volta in Italia. Questo piano, in collaborazione con i Vigili del Fuoco e le Prefetture di Salerno, Avellino e Caserta, ha definito funzioni e compiti per gestire le emergenze nei cinque comuni interessati. Sono state previste tre fasi di attivazione basate su soglie pluviometriche: attenzione (25 mm/24h), preallarme (40 mm/24h) e allarme (60 mm/24h). Queste soglie attivano misure di evacuazione e protezione della popolazione.

Infrastrutture Costruite a Protezione di Sarno dopo il 5 Maggio

La tragedia del 5 maggio 1998 ha reso evidente la necessità di rafforzare le infrastrutture di protezione per prevenire futuri disastri idrogeologici a Sarno e nelle aree circostanti. Dopo l’evento, oltre alle nuove normative ed ai piani di emergenza, furono avviati importanti interventi infrastrutturali per mettere in sicurezza il territorio e proteggere la popolazione dalle colate rapide di fango.

Opere di Difesa Passiva

Tra le principali opere realizzate vi sono le vasche di accumulo ed i canaloni, allocati in punti strategici per raccogliere il materiale detritico trasportato dalle colate di fango, riducendo così il rischio per i centri abitati. Queste strutture hanno una funzione fondamentale nel contenimento e nella gestione delle colate, impedendo che i flussi di fango e detriti possano scorrere liberamente lungo i versanti montuosi e invadere le aree urbane.

I canaloni sono progettati per indirizzare in modo controllato il flusso dell’acqua piovana e del fango, evitando che questi materiali invadano strade e abitazioni. Queste opere di ingegneria idraulica contribuiscono a convogliare i flussi verso le vasche di accumulo, riducendo significativamente il rischio di esondazioni e colate rapide.

Interventi di Ingegneria Naturalistica

Oltre alle infrastrutture di difesa passiva, gli interventi di ingegneria naturalistica si integrano nel contesto naturale per stabilizzare i versanti e prevenire il distacco di masse di terra e detriti. Questi interventi comprendono la riforestazione delle aree più esposte, il consolidamento dei terreni mediante tecniche di rinverdimento, e la creazione di barriere naturali per rallentare il deflusso delle acque piovane.

L’ingegneria naturalistica gioca un ruolo cruciale, poiché consente di rafforzare la stabilità del terreno utilizzando soluzioni sostenibili e integrate con l’ambiente. Questi interventi sono stati fondamentali per ridurre il rischio di nuovi fenomeni franosi e per migliorare la resilienza del territorio di Sarno.

Monitoraggio e Allerta

Il sistema di monitoraggio strumentale installato sui Monti di Sarno, con i pluviometri in telemisura, ha consentito un controllo continuo delle condizioni meteorologiche e idrogeologiche. Questo sistema, integrato con i Presidi Territoriali, permette di rilevare in tempo reale le variazioni delle condizioni ambientali. Ciò consente di attivare tempestivamente i piani di evacuazione in caso di superamento delle soglie critiche di pioggia.

Le Infrastrutture e la Gestione del Rischio: qual è la situazione attuale?

Le infrastrutture costruite dopo il 5 maggio 1998 rappresentano una risposta necessaria per la gestione del rischio idrogeologico a Sarno. Il territorio, oggi, risulta più preparato a fronteggiare eventi naturali estremi, tuttavia la continua manutenzione resta essenziale per garantire la sicurezza; ma questo non sempre avviene. Inoltre, ad oggi, non risultano più attivi i presidi territoriali.

Esistono molti spunti per migliorare gli interventi di monitoraggio e di gestione del rischio del territorio. L’integrazione dell’aerofotogrammetria aerea da drone, ad esempio, potrebbe essere particolarmente interessante insieme alla riattivazione dei presidi territoriali. Queste tecnologie garantirebbero una copertura completa del territorio con missioni brevi, mirate ed esaustive. Una continua manutenzione delle strumentazioni e delle opere di contenimento, un’attenta supervisione del territorio tramite le sentinelle dei presidi e l’integrazione con le nuove strumentazioni (quali i droni), aumenterebbe sensibilmente la sicurezza degli abitati ubicati in fascia pedemontana. La strada da percorrere, purtroppo, è ancora lunga… ma la speranza resta viva ed i geologi sono sempre pronti ad intervenire.

Conclusione

Gli eventi del 5 Maggio 1998, per le caratteristiche legate alla loro plurisorgenza, all’energia sviluppata ed ai volumi coinvolti nei singoli eventi, rappresentano un caso unico per lo studio delle colate di fango. In particolare, per gli aspetti che riguardano l’innesco e la successiva propagazione dei flussi di colata nelle aree pedemontane. A peggiorare la situazione, fu’ la presenza di numerosi torrenti spesso non adeguatamente canalizzati o manutenuti. L’urbanizzazione incontrollata e la mancanza di una pianificazione territoriale orientata alla prevenzione dei rischi hanno poi ulteriormente esacerbato la vulnerabilità della zona.

La tragedia di Sarno del 5 maggio 1998 rappresenta un monito e una lezione per l’intera nazione e per ricordarlo è stato eretto un monumento alle vittime, in località Episcopio. Il rischio idrogeologico è una realtà con cui l’Italia deve convivere, ma che può e deve essere gestita con rigore e competenza. La figura del geologo emerge come cruciale in questo contesto, non solo per la comprensione dei fenomeni naturali ma anche per l’attuazione di strategie di prevenzione e mitigazione dei rischi. Solo attraverso una pianificazione territoriale attenta ed un costante monitoraggio delle aree a rischio è possibile proteggere le comunità e ridurre il rischio di catastrofi naturali come quella che ha colpito Sarno nel 1998.

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